In famiglia si è sempre parlato del tragico bombardamento che subì Caiazzo il 27 gennaio 1944 legandolo all’episodio che aveva visto coinvolti lo zio sacerdote, don Pasquale Cervo, all’epoca parroco della Cattedrale, e un gruppo di bambini che si preparavano alla Prima Comunione.

A noi piccoli, che ascoltavamo sempre con stupore e spavento tutto ciò che era legato alla guerra (che negli anni 70 era sì lontana nel tempo, ma non poi così tanto...), il racconto del bombardamento veniva associato all’altro di “Zì Pascalino”, che, mentre gli aerei alleati sganciavano le bombe su Caiazzo, era in chiesa a fare catechismo. Parlava – il parroco –  di Gesù, del suo amore, della sua grandezza, della gioia di ritrovarsi un giorno con Lui in Paradiso… Improvvisamente – si legge ne “L’autunno di Montalba”(A. Cervo, ed. Eva 2011) – sulla terra, (…), piovvero delle bombe made in Usa (…). Lo scoppio degli ordigni, troppo vivo ancora nel ricordo di quei ragazzi che si preparavano per la Prima Comunione, sbandò la compagnia, e subito tornarono in mente i nascondigli del vicino ’43.

Il parroco tentò di evitare quel fuggire alla cieca, e nel disperato tentativo di trattenerli, si trovò drammaticamente di fronte alla più tragica delle verifiche, mai operata da un maestro nei confronti dei discepoli, a lezione appena ultimata.

“Non fuggite – gridò, mentre già i calcinacci piovevano dalle arcate. – Non fuggite: tra poco ce ne andremo tutti in paradiso”.

“Nun ce vulimmo venì!” risposero voci da più parti della cattedrale (…) “Nun ce vulimmo venì!”

Una risposta da indurre Iddio stesso a un esame di coscienza.

Purtroppo in Paradiso quel giorno di bambini ce ne andarono diversi insieme anche a diversi adulti, venti vittime che si aggiunsero alle ventidue che solo pochi mesi prima erano state trucidate a Monte Carmignano e a tutti gli altri che avevano perso la vita in quello sciagurato conflitto che era stato la Seconda Guerra Mondiale.

Questo modo di farci conoscere i fatti della guerra è tanto simile a quello de “La vita è bella” di Benigni, dove, per difendere l’innocenza e la spensieratezza del bambino protagonista, si associa alla guerra una componente giocosa senza per questo sminuire la portata tragica degli accadimenti.

Noi bambini ridevamo di gusto a quel “Nun ce vulimmo venì”, per poi smettere e rattristarci appena dopo, quando ci veniva detto che alcuni di quei bambini in paradiso ci andarono per davvero e non rividero più i loro genitori…

Il caso ha voluto che il 27 gennaio dell’anno successivo si ponesse fine all’orrore dei campi di concentramento. Venivano aperti i cancelli di Auschwitz e liberati tutti gli internati.

La guerra finiva e tutti i bambini sopravvissuti potevano alzare le braccia al cielo, sorridere e gridare “Abbiamo vinto!”.

Per noi caiatini questa data è, così, legata a due eventi, l’uno tragico che ci riguarda da vicino, l’altro di liberazione e di gioia che ugualmente ci riguarda e, insieme all’altro, ci unisce ulteriormente all’intera umanità.

Nel guardare le foto del bombardamento, all’immagine di Caiazzo del 27 gennaio 1944 si è sovrapposta quella di Damasco del gennaio 2018 con i suoi bambini che, come i loro coetanei caiatini di settantaquattro anni fa, in Paradiso “non ci vogliono andare” e già da troppo tempo aspettano di poter urlare “Abbiamo vinto!”

Abbiamo vinto la pace.

Nella giornata della memoria….il nostro cuore deve guardare al passato e a chi ancora ha “le cetre appese alle fronde dei salici…”

 

Ilaria Cervo